Ci vorrebbe un D’Amico in Piemonte – LOSPIFFERO.COM
È rimasto solo il Piemonte. La regione più grande, più popolosa e quindi anche quella politicamente più rilevante è l’unica – al momento – ad andare alle urne senza un fronte unito delle opposizioni al governo di Giorgia Meloni. Ieri si è sbloccata anche l’impasse in Basilicata, dove Angelo Chiorazzo, scelto da una parte del Pd, ma avversato dal Movimento 5 stelle per ritirarsi vuole dire la sua sulla scelta del candidato. Un sacrificio nell’ottica di consentire alle due principali forze del centrosinistra allargato di convergere su un nome meno divisivo.
Un altro tassello, nel complesso mosaico di queste regionali a tappe, sta andando al suo posto e ora tutti gli occhi sono rivolti all’Abruzzo. Se da L’Aquila dovesse arrivare una buona performance (o addirittura una inattesa vittoria) di Luciano D’Amico, l’alfiere dell’asse giallo-rosso, allora subito dopo si riaprirebbe la trattativa in Piemonte. Con tempi strettissimi. “Anche le barricate erette da Chiara Appendino in questi mesi verrebbero spazzate via da un’onda potentissima” fanno gli scongiuri dalle parti del Pd. “Come spieghi ai tuoi elettori che lasci la destra al governo della Regione perché non ti piace la collocazione del nuovo ospedale di Torino?”.
Non è sfuggito al quartier generale di Giuseppe Conte e di Elly Schlein il sondaggio realizzato da Emg secondo cui l’82% degli elettori di centrosinistra vorrebbe l’alleanza tra Pd e 5 Stelle in tutte le regioni. Certo ci sono dei distinguo: se tra i dem la percentuale è all’80%, il dato scende al 70 tra i supporters grillini; ma sono differenze marginali di fronte a una volontà che emerge in entrambi gli elettorati con nettezza. Così come non sono passate inosservate le rilevazioni che danno dem e pentastellati in crescita e il centrodestra in affanno, logorato dal governo e dalle continue liti. L’ultima Supermedia di YouTrend indica il partito di Giorgia Meloni al 27,6% (-0,5), incalzato da Pd (20,1%, con un incremento di mezzo punto) e M5s al 16,3% (+0,1). Per la prima volta tutti i partiti di centrodestra registrano uno scostamento negativo e tutti quelli d’opposizione hanno il segno più. E a livello di coalizioni il vantaggio del centrodestra (44,2%) sull’alleanza giallo-rossa (43,1%) si è assottigliato a un punto. Dati che confermano una cosa: “La partita è aperta” continuano a ripetere i dem. Anzi le partite, in tutte le regioni. La Sardegna potrebbe non essere un caso isolato e le urne d’Abruzzo potrebbe confermarlo.
Ma a quali condizioni Conte e Schlein potrebbero incontrarsi anche in Piemonte? Tutti concordano su una constatazione: entrambi i candidati attualmente in campo per il Pd dovrebbero farsi da parte. Vale per il vicepresidente del Consiglio regionale Daniele Valle (area Bonaccini), così come per la deputata cuneese Chiara Gribaudo, che ha sostenuto l’attuale segretaria al congresso. Nessuno dei due, in questi mesi di tavoli e trattative a livello locale, è riuscito a sbloccare l’impasse con il Movimento 5 stelle. Insomma, ci vorrebbe un D’Amico. Anche in Piemonte.
Facile che i due leader nazionali si orientino verso una candidatura civica. Per ora l’unico nome che ricorre è quello del presidente dell’Ordine dei medici di Torino Guido Giustetto, una vecchia idea del numero uno della Cgil Giorgio Airaudo. Il profilo però presenta delle criticità: c’è un problema anagrafico (senza essere indelicati non rappresenterebbe certo il rinnovamento) e anche di empatia e carisma: “Un dibattito con Cirio finirebbe 10-0” sentenziano dalla sinistra dem. Una cosa è certa: Schlein non ha un asso nella manica – “Lei riesce a fare una cosa alla volta e in questi giorni si è occupata della Basilicata” scherza chi è a stretto contatto con lei –. Da lunedì si occuperà del Piemonte e la prossima potrebbe essere davvero la settimana decisiva. La deadline è fissata il 16 marzo quando l’assemblea regionale dovrà indicare il candidato presidente. Ma nulla vieta di spostarla più in là. Come il cuore oltre l’ostacolo.
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